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Glimps

BON APETIT

O voi che errate nel meraviglioso mondo Glimps, tremate, le oscure fiabe dei Grimm son tornate!

Ringrazio di cuore Veronica che riesce ogni volta a stupirmi ed emozionarmi con i suoi fantastici disegni e asseconda le mie follie fiabesche, creando una meraviglia dietro l’altra! E quale soggetto migliore per accompagnare la più terrificante fiaba di sempre, se non una fantasmagorica Morte in versione Glimps??



Di tutte le storie presenti nelle raccolte dei Fratelli Grimm, un posto d’onore spetta a

“Il Ginepro”,

per essere la più truculenta, sanguinolenta e assurda storia mai raccontata.

Mettetevi comodi o miei coraggiosi amici e dimenticate tutte le storie da brivido che conoscete, perché questa volta i nostri cantastorie ci stupiranno con effetti… speciali…


C’era una volta (duemila anni fa per l’esattezza), una coppia di sposi che viveva felice, ma non riusciva ad avere figli. E fin qui niente di nuovo sotto il sole. Accadde che un giorno d’inverno la donna, seduta in giardino sotto una pianta di ginepro, mentre sbucciava una mela si tagliò e vedendo il sangue cadere sulla candida neve desiderò avere un bambino bianco come la neve e rosso come il sangue. Bravi, vedo che avete studiato. Qui Biancaneve ci cova… ma mi spiace deludervi, mela neve e sangue a parte, qui la pallida principessa non c’entra nulla. Insomma, dopo aver espresso questo desiderio, magi magia la nostra dama rimane magicamente incinta, e dopo nove lune di sbalzi d’umore di cui vi risparmio i dettagli, nacque appunto un bimbo bianco come la neve e rosso come il sangue e dalla gioia la donna morì. Olè.

Il marito la seppellì allora sotto la pianta di ginepro e dopo un po’ che ebbe smesso di disperarsi (Grimm dixit) prese una nuova moglie, da cui ebbe una figlia che chiamò Marilena e che andava d’amore e d’accordo col fratellino. Ma la nuova moglie, manco a dirlo, tanto voleva bene alla figlia tanto non sopportava il bambino che il marito aveva avuto dalla prima moglie e cominciò ad odiarlo e a maltrattarlo. Bravi di nuovo, tipo Cenerentola.

Ma anche qui mi spiace deludervi, niente balli e scarpette di cristallo.

Un giorno quando il bambino tornò da scuola, la donna ispirata dal maligno (cit.) aprì un cassone pieno di mele e invitò il piccolo a prenderne una. Quando il bambino si chinò per prendere la mela, la donna chiuse di colpo il cassone e gli fece schizzar via la testa, che rotolò tra le mele rosse. Ecco, la regina di Biancaneve in confronto sembra la fata turchina. Resasi conto di aver ucciso il ragazzo, la donna andò in panico e non sapendo che fare, prese il corpo del bambino, lo mise seduto su una sedia, gli riappoggiò sopra la testa, la legò con un fazzoletto bianco e gli mise una mela in mano. Taaac, chi vuoi che se ne accorga? Fatto questo se andò in cucina fischiettando come se niente fosse.

Poco dopo però, Marilena andò dalla madre dicendo: “Mamma ma pensa te, quel cafone di mio fratello se ne sta zitto e seduto con una mela in mano e non me la vuole dare, uffa”. Non ricordo se vi ho mai parlato della spiccata intelligenza e perspicacia dei personaggi dei Grimm…

Al che la madre, state bene attenti, le risponde, cito testuali parole: “Vacci ancora, e se non ti risponde dagli una sberla!”. Genio. Non ho altre definizioni.

Vi lascio qualche secondo per farvi elaborare. E immaginare.

La povera ignara Marilena, fece come la madre le aveva detto e, ovviamente, non avendo risposta dal defunto fratello, gli tirò un bel ceffone, facendogli rotolare via la testa.

La poverina scoppiò a piangere e corse dalla madre urlando e disperandosi per aver staccato la testa al fratello. E la madre: “Ah, Marilena, ma che hai fatto? Vabbè dai, tanto non ci si può far niente, portalo qui che lo cuciniamo in salsa agra, così nessuno se ne accorge”.

Vi faccio un riassunto intanto che vi riprendete: uccide il figliastro, fa ricadere la colpa sulla figlia e poi cucina il defunto bambino. In salsa agra. Genio. L’ho già detto?

A questo punto peggio di così non può andare… o sì?

Il marito che in tutto questo se ne stava al lavoro come tutti i giorni, ignaro di quanto successo al figliolino, torna finalmente a casa. Particolarmente affamato…

Vi serve un minuto per digerir… ehm… per riprendervi?

Niente, dopo aver chiesto notizie del figlio non trovandolo a casa e dopo che la moglie gli spiega con nonchalance che il bambino se n’era andato in campagna dal prozio, il pover’uomo si siede a tavola e bello bello si mangia il pargolo in salsa agra, e pensa te, gli piace pure da matti. E mentre lui mangia e butta le ossa sotto il tavolo, la povera Marilena piange come una matta.

“Ma che piangi?” le chiede il padre “mica è morto tuo fratello, è solo andato in campagna, tornerà”. A-ah. Certo.

A fine pasto, la povera Marilena, tra un singhiozzo e l’altro raccoglie le ossa del fratello da sotto la tavola, le mette nel fazzoletto di cui sopra, e le porta in giardino, ponendole nell’erba sotto il ginepro. E magi magia, il ginepro si agita tutto, dai suoi rami esce un fuoco e da questo fuoco vola via un bell’uccello tutto d’oro che canta che è una meraviglia. Finita la magia, l’uccello vola via, Marilena si sente incredibilmente meglio e, cito testualmente, se ne tornò a casa tutta allegra, si mise a tavola e mangiò. Che cosa, a questo punto, è meglio non saperlo e grazie a Dio, i Grimm sorvolano sui dettagli.

L’uccello d’oro nel frattempo volò fino alla casa di un orefice e si mise a cantare con voce melodiosa la seguente simpatica canzoncina:

“La mia mamma mi ha ammazzato e mio padre mi ha mangiato. Marilena, la mia sorella, l'ossa ha legato con la cordicella; una corda di seta ha usato, e sotto il ginepro ha tutto celato. Cip! Cip! Che bell'uccello ha qui cantato!”

L’orefice è talmente affascinato dal canto che chiede all’uccello di ripetere la canzone. Il dorato volatile acconsente a patto però di avere in cambio una catenina d’oro. La stessa scena si ripete da un calzolaio e questa volta l’uccello per ripetere il canto si fa donare un paio di scarpe rosse. L’ultima volta è il turno di un mulino, dove i garzoni, pur di sentire ancora la voce dell’aureo pennuto acconsentono a dargli in cambio la macina del mulino.

Ora, al di là che nessuno si pone problemi sul testo della canzone e ok… va bene la catenina, va bene le scarpe, ma la macina?? Come diavolo la tiene la macina un uccello??

Dubbi di trasporto a parte, il nostro amico pennuto se ne torna alla casa del ginepro e si mette a cantare in giardino la stessa canzone di prima. A quel suono celestiale, Marilena cominciò a piangere a dirotto, la madre iniziò a dare di matto e il padre invece si sentì stranamente felice. Uscì allora in giardino per sentire meglio il canto dell’uccello e questo gli fece cadere al collo la catenina d’oro. Tutto contento tornò in casa e Marilena smettendo di piangere, decise di uscire per vedere se il pennuto regalava qualcosa anche a lei. Come fu uscita, ecco che l’uccello le fece cadere ai piedi le scarpe rosse. Tornò in casa anche lei tutta felice e poco dopo la madre, che intanto stava impazzendo dal panico che l’assaliva, decise di uscire, per vedere se un po’ d’aria potesse calmarla un po’. Ma ecco che come mise piede fuori di casa, l’uccello d’oro le fece cadere in testa la macina, facendola stramazzare a terra morta.

E attenzione al gran finale: sentito il trambusto, Marilena e il padre corsero fuori e videro sprigionarsi dal terreno fuoco e fiamme, da cui emerse il fratellino che si avvicinò e prese per mano il padre e Marilena.

Tutti e tre felici entrarono in casa e si misero a tavola a mangiare.

Fine.

Ve lo riassumo: l’uccello spiaccica la matrigna con la macina, si trasforma nel bambino che torna magicamente in vita, e con il padre e la sorella tutti felici tornano in casa a mangiare. Della matrigna spiaccicata non si preoccupa nessuno (ok era perfida, ma era pur sempre un genio). Del fuoco magico e dell’uccello d’oro non si stupisce nessuno. Della comparsa improvvisa del bambino non si pone domande nessuno.

Però si mangia. Daje.





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